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Messaggio di "2015" novembre

Cheratocono, diagnosi e cura - Commenti (0)

cheratocono

 

Il cheratocono viene definito come una distrofia corneale che porta ad un progressivo assottigliamento e sfiancamento della cornea. La caratteristica del cheratocono è la particolare forma della cornea, che da asferica diventa conica e la curvatura da regolare diviene irregolare creando una variazione refrattiva tale da causare un notevole calo del visus perché induce astigmatismo irregolare e miopia.

L’incidenza nella popolazione è dello 0,06%, il che significa che 1 persona su 2.000 può manifestare una variazione corneale sintomatica. Nella maggior parte dei casi la deformazione non è dolorosa ( a meno che non sorgano gravi complicazioni) e interessa entrambi gli occhi, anche se talvolta, si manifesta in un occhio solo, in tal caso sarà comunque opportuno controllare periodicamente anche l’occhio controlaterale.

Facilmente il cheratocono fa la sua comparsa in età giovanile e interessa soprattutto individui di sesso maschile.

 

Come ce ne accorgiamo?

I primi sintomi, che possono indurre ad un sospetto di cheratocono, sono un calo di visione con i propri occhiali associato ad un aumento dell’astigmatismo.

Il modo migliore per valutare la presenza di un cheratocono è eseguire una topografia corneale , descrivendone potere diottrico e forma.

 

Quali le soluzioni?

Un primo approccio per tentare di ricostruire una superfice corneale otticamente liscia è tramite le lenti a contatto. La riduzione dell’irregolarità ottica e dell’asimmetria avviene in quanto il film lacrimale posto tra epitelio e lente a contatto compensa molte delle irregolarità corneali, consentendo un significativo miglioramento della qualità visiva, mediante una migliore correzione del difetto miopico e di quello astigmatico, ma soprattutto della componente irregolare dell’astigmatismo, tipica del cheratocono.

Una soluzione più significativa e persistente avviene tramite intervento chirurgico. Oggi esiste una procedura non invasiva per la cura del cheratocono: il Cross Linking corneale.

Si tratta di un intervento della durata di circa un’ora dove una soluzione a base di Vitamina B2 viene fissata sulla superficie della cornea, dopo la rimozione del primo strato epiteale superficiale, da una luce ultravioletta al fine di ricompattare i tessuti lamellari sfiancati dalla deformazione tipica della patologia.

Questa tecnica tende a ridurre la possibilità della progressione della patologia, rendendo più regolare la superficie ed aumentando la possibilità di un porto confortevole delle lenti a contatto.

 

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Con gli occhi chiusi la memoria funziona meglio - Commenti (0)

memoria e occhi chiusi

 

Secondo uno studio pubblicato su Legal and Criminological Psychology, dai ricercatori della University of Surrey di Guildford (Regno Unito), chiudere gli occhi stimola la memoria ed aiuta a ricordare con maggiore precisione i particolari di un evento.

La ricerca, suddivisa in due fasi, ha coinvolto 178 volontari: nella prima fase i partecipanti hanno visto un film e, successivamente hanno risposto a 17 domande su di esso. Prima dell'intervista, però, i soggetti sono stati suddivisi in 4 gruppi: i primi dovevano rispondere con gli occhi aperti, i secondi con gli occhi chiusi, i terzi hanno stabilito un rapporto amichevole con l’intervistatore, mentre gli ultimi no.

E’ risultato che chi aveva risposto con gli occhi chiusi e chi aveva stabilito una relazione con l'intervistatore aveva fornito il 75% circa di risposte corrette, mentre gli altri solo il 41%.

Nella seconda fase, ai partecipanti è stato chiesto di riportare quello che avevano ascoltato durante la finta scena di un crimine. Ancora una volta, chi ha risposto con gli occhi chiusi e chi aveva stabilito un buon rapporto con l’inervistatore, ha fornito maggiori dettagli.

Gli esperimenti, quindi, dimostrano che chiudere gli occhi o sentirsi a proprio agio durante un’interrogazione o una semplice domanda, aumenta le probabilità di ricordare un avvenimento. "Chiudere gli occhi aiuta perché elimina le distrazioni”, spiega Robert Nash, che ha guidato lo studio, il quale aggiunge che chiudere gli occhi non solo aiuta a visualizzare un evento, ma anche a ricordarne i suoni.

 

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